RICORDI DELLA SCUOLA ELEMENTARE
7 maggio 2023 - San Giovanni in Monte
INDOVINA LO ZIO LA ZIA, IL COGNATO O LA COGNATA
1. Ricordo che il primo giorno di scuola (in prima elementare), la maestra per farmi star zitto mi ha spedito dietro la lavagna in punizione; ho pensato subito di sfruttare questa opportunità per attirare l'attenzione della classe utilizzando il quadro inferiore del telaio come se fosse stato lo schermo di un televisore. Mi sono immedesimato in un famoso giornalista e ho esordito gracchiando "Qui Nuova York, vi parla Ruggero Orlando...". Credo abbia riso anche la maestra, ma papà e mamma non hanno riso quando la maestra li ha convocati per riferire le prodezze del loro bambino. Sta di fatto che ho dovuto darmi una calmata. Del resto la lotta quotidiana con il pennino e l'inchiostro era veramente una questione di vita o di morte; ormai non c'era una sola pagina che fosse senza macchia; a volte ero disperato, pensavo che non avrei mai imparato a scrivere e mi avrebbero bocciato a vita. Per fortuna la mia maestra era giovane e carina, pare avesse una particolare simpatia per mio fratello Gianni, quindi, nel tempo, le cose a scuola hanno cominciato ad andare meglio. Alla fine dell'anno, con mia grande sorpresa, la maestra è venuta a casa nostra per regalarmi una bella scatola di 24 colori a matita, mai vista tanta grazia in vita mia! Peccato fosse di Ferrara e io avessi solo 6 anni; non l'ho più vista, ma di sicuro l'avrei sposata! (Antonio)
2. In prima elementare scoprii di essere la più piccola della classe, così ero la capofila e dovevo iniziare a dire:" Presente" voltando la testa a sinistra verso il compagno ; in un certo senso mi sentivo importante. I più piccoli poi avevano il posto davanti vicino alla maestra, credo la Galante Raffaella di Vicenza. Il corredo scolastico era un quaderno, una matita e, forse, una gomma. Gli esercizi erano file interminabili di aste dritte e oblique, puntini, curve in basso e in alto. Credo di essere sempre stata diligente e obbediente, ma poco sveglia, come mi capitava di sentire dalla maestra; avevo 5 anni e sicuramente gli " amoli" verdi erano più maturi di me. Così ripetei la prima classe. Poi in terza ero con il papà Ulisse che, all' inizio dell'anno scolastico, me le suonò con furia perché non ricordavo le maiuscole e dentro di me dicevo:" Ma che roba sono le maiuscole?". I miei compagni mi chiamavano la mummia, poi aggiunsero coneja ( coniglia) e ne uscì mummia-coneja perché non parlavo mai. Aspettavo infatti il grande evento insieme alla mia sorella e poi mi sarei rivelata! La nostra bacchetta magica, una volta portata di nascosto in chiesa e immersa nell' acqua santa, avrebbe trasformato tutte le cose e soddisfatto tutti i nostri desideri. Facemmo così e, tornate a casa con la bacchetta benedetta, chiuse bene in camera, pronunciammo con trepidazione l' abra - cadabra con molta convinzione e toccammo i vari oggetti....ma non è successo nulla e la delusione fu cocente, rimasi la mummia di sempre. Cambiammo i nostri giochi e diventammo le " signore", ma questa è un ' altra pagina. (Agnese)
3. Nei giochi tra coetanei ("momola, bandiera francese o ruba bandiera, arrampicate sugli alberi, ecc.) io ero molto imbranato, quindi uno dei peggiori, per questo non ero mai tra i primi di scelta nelle squadre. Cercavo di compensare a scuola, non sempre con successo.
Ricordo (1' o 2' elementare) uno scontro durante la ricreazione con uno di 5' grande e grosso : ho avuto vomito e ho perso conoscenza per almeno un giorno.
Mi ricordo di un tema da svolgere, quel giorno era "Cosa farò da grande"
Non ebbi dubbi, e buttai giù "farò il dottore". Non potevo concludere così, senza scrivere perché. E, senza indugi scrissi " per vedere le donne nude".
Mantenni nel tempo il desiderio e il proposito.
Ma..... dopo anni di esperienza, dovetti concludere : però, quanti catorci prima di vederne qualcuna di bella! Ne valeva la pena?
Ho anche un ricordo extra scolastico. Eravamo in montagna, a Conco, estate 53
Di giorno pascolavo i fratelli nei sentieri dei boschi. Una volta ho dimenticato Piero in un prato, me ne sono accorto solo quando sono ritornato a casa.
Ho sperato che la mamma non se ne accorgesse, ma.... invano. Però, quasi quasi ero contento, pensai" uno di meno da accudire " Ma la mamma non era della stessa idea! Ho dovuto rifare il sentiero di corsa perché ormai era quasi buio. Per fortuna Piero non si era mosso dal percorso fatto e lo ritrovai la dove l'avevo perso. Come il buon pastore tornai a casa con la pecorella smarrita! (Bepi)
4. L'unico ricordo significativo che conservo della scuola elementare è un'esperienza che penso sia comune al 90 per cento dei bambini: ero innamorato della maestra, stravedevo per lei, e forse sognavo di sposarla. (Adriano)
5. Alle elementari ero l'unica sprovvista di cartella, m'ingegnavo con un elastico per tenere assieme i libri. Una volta entrati in classe, la maestra ci faceva togliere i libri e depositare tutte le cartelle in un angolo dell'aula. Al momento della fine lezione stavamo in silenzio a braccia conserte e la maestra ci chiamava uno per volta che andassimo a recuperare la cartella. Succedeva ogni tanto che chiamasse anche me, tutti mi guardavano sghignazzando....io diventavo rossa e ci stavo d'un male...amen. ora è tutto svanito per fortuna.
Ma il mio ricordo delle classi elementari va soprattutto alla mia maestra, (Manbrin Maria) ed ai suoi metodi di punizione che al giorno d'oggi sarebbero puniti con l'arresto. Chi sbagliava commettendo qualche marachella, veniva preso per un braccio e sculacciato con vigore davanti a tutti. La maestra continuava fino allo sfinimento, poi il colpevole veniva cacciato in castigo dietro la lavagna. Quando la maestra doveva uscire di classe per qualche motivo, nominava un capoclasse che doveva scrivere e annotare sulla lavagna i buoni e i cattivi. Da lì siamo stati iniziati e istigati alla corruzione e al pagamento del pizzo. (Se non mi segni fra i cattivi, ti darò 3 figurine di calciatori....). In 4a mi innamorai perdutamente di un tale Timoteo Agriman, timido bambino che portava occhiali spessi come cocci di bottiglia. Ricordo inoltre 2 acerrime nemiche per invidia mia delle loro qualità. Ma alla fine tutto si è concluso con un'ottima pagella e il passaggio alle medie. (Katy)
6. Per la festa del 25 Aprile il maestro Marzari riuniva tutte le classi per preparare l'inno di Mameli.
Eravamo tutti diligenti e attenti, quel maestro esigeva la massima disciplina. Poco dopo l'inizio della prova del canto, alzava il braccio e bloccava l'esecuzione. Con voce severa tuonava" qui qualcuno non segue la musica... ricominciamo " Sapevo di essere io quel" fuori tono "e, siccome non si trattava di stare più attenta, ma di essere stonata di natura, pensai di non aprire bocca e tutto sarebbe filato liscio.
Ma il maestro si accorse, fermò di nuovo la prova e più severo di prima," C'è qualcuno che non canta, l'inno va cantato tutti assieme!"
A quel punto mi balenò l'idea di muovere le labbra senza emettere alcun suono, è stata la mia salvezza! Ma non vi dico il disagio e la vergogna che provai.
Con l'età nulla è cambiato, anche mio marito si è convinto che sono irrecuperabile. (Giuliana)
7. Compiuti da poco 6 anni vivevo nella grande casa delle Scuole elementari con papa’ Ulisse, era lui che si occupava di me, non era ancora giunto il momento di iniziare le elementari. Mamma e tutto il resto della famiglia erano gia’ stanziati nella casa ancora in ristrutturazione a Barbarano. Fratelli e sorelle partivano ogni mattina da casa, chi per Vicenza a scuola, altri al lavoro a Noventa o a ponte di Barbarano.
Ulisse insegnava a 3 classi delle elementari contemporaneamente, una ventina di scolari provenienti da famiglie di contadini sparsi intorno alla collina. C’era un’altra insegnante nella seconda aula : la maestra Giuliana Cogo, a lei erano affidati i ragazzini di prima e seconda elementare. Di mattina nessuno badava a me, ero libera di aggirarmi nel cortile, nell’orto, nell’aiuola in cui c’era il cippo in memoria dei caduti della guerra. Ricordo una colonna di pietra e alla base un libro aperto con scalpellati i nomi delle povere anime anzitempo andate nei pascoli celesti.
A volte pero’ maestra Giuliana mi invitava ad entrare in classe, ero felice di sentire la presenza di altri bambini, mi sedevo nell’ultimo banco, in fondo alla classe e mi godevo il profumo del legno, dell’inchiostro nei calamai, del gesso accanto alla nera lavagna. Ascoltavo la lezione, disegnavo intanto con la matita (nessuno possedeva i colori) vaghi paesaggi in bianco e nero. Imparai anche a leggere e scrivere. La maestra era molto dotata per il disegno, componeva sulla lavagna paesaggi bellissimi con gessetti colorati!! Qualunque immagine per me era una gioia, le “figure” del libro di lettura erano un’ incantevole vista. Castelli, draghi, cavalieri, re e principesse, animali parlanti vivevano avventure in un tempo e spazio lontano ma per la mia piccola mente tutto era reale. Tutto magnifico,
Una domenica di giugno papa’ parlo’ della fine della scuola, disse che sarebbero iniziate le vacanze.
Nel pomeriggio entrai nell’aula ormai vuota delle prime classi e salii sulla pedana della cattedra, aprii il largo cassetto e vidi, si, vidi ogni ben di dio di caramelle, gomme, monetine spicciole lasciate dalla maestra.
La scuola era finita dunque le caramelle e i soldini diventavano miei di diritto.
Mi ero sbagliata, il giorno dopo la maestra arrivo’ a scuola con tutti i suoi scolari.
Mi sentivo morire di vergogna e rimasi lontano dagli occhi di tutti. Immaginavo gia’ il giudice e il boia, il castigo, il carcere, i 4 conigli neri con la bara per pinocchio. Mio dio, la colpa era enorme.
Giuliana invece mi chiamo’ e mi porto’ con tutti i bambini in macchina al bar a prendere il gelato come premio dell’ultimo giorno. Non disse mai una parola neppure ai miei genitori.
Tutta la vita saro’ riconoscente alla sua sensibile delicatezza. (Lucia)
8. La mia scuola era in mezzo ai campi, tutta sola e immersa nelle voci della Natura. D'inverno era spesso avvolta da fitte nebbie e calaverne, ma in primavera c'era esplosione di luce, colori e profumi. Alla mattina partivo da casa vestito della divisa scolastica che era la camicia nera con fiocco azzurro e calzoncini corti sempre. Percorrevo 2 km circa e per strada si univano gli amici e compagni di scuola. La maestra ci portava fuori per conoscere bene il nostro ambiente agricolo, le stagioni, il nome di fiori e insetti e rettili di cui io non avevo paura anzi li prendevo in mano e li facevo roteare. Di questo i miei compagni erano un po' invidiosi e tramavano scherzi fra di loro. Ero il primo della classe nel " far di conto" e la mia mano era sempre alzata per dire il risultato. Ero tanto curioso e l' eccesso mi ha meritato sonore bacchettate sulle mani. E venne il giorno della vendetta dei miei compagni: di nascosto coprirono le sponde di un fosso con muschio e erba in modo da non vedere l' acqua, mi invitarono a misurarmi con loro nel salto del fosso da una sponda all'altra; loro saltarono per primi in un punto più stretto , poi è toccato a me, ma mi fecero saltare nel punto prestabilito. Un bel salto e.....splash finii dentro l' acqua facendo schizzare le rane! Un altro ricordo sono le vesciche sulle gambe lasciate dalla verga di mio padre ogni volta che combinavo dei guai sia a casa che a scuola....ma questo è un altro capitolo. (Lucio)
9. Ho alcuni ricordi belli e altri brutti. Inizio da quelli brutti:
In prima o seconda elementaree mi sono innamorata di un bambino che si chiamava Redenzio Trentin; secondo me era il bambino più bello del mondo, così gli ho scritto un bigliettino per rivelargli i miei sentimenti. Lui mi ha risposto con una sola parola "petola". Ci sono rimasta male, ma ci sono rimasta ancora peggio quando il maestro ha intercettato il bigliettino, me lo ha sequestrato, mi ha svergognato davanti a tutti e mi ha detto che lo avrebbe consegnato a mio papà. Ho vissuto giorni di angoscia pensando a quale terribile punizione sarei stata sottoposta. Il tempo passò, ma in realtà tutto finì senza conseguenze. Forse mio papà non ricevette mai il biglietto, o forse lo ha ricevuto e non ci ha dato peso.
Un bel ricordo è questo: dopo aver riempito pagine e pagine di puntini, puntini, aste, cornicette, finalmente arrivava il momento più desiderato, la lettura di un racconto tratto dal libro "Cuore". Il maestro Ulisse leggeva così bene che ci faceva rivivere la storia e i personaggi come se fossero reali, meglio di un cinema! A scuola ho imparato ad amare e leggere i libri che ancora mi accompagnano nella pensione. (Maria)
10. Superbetta (dato che ero la figlia del maestro)...permalosetta (guai che qualcuno mi guardasse di traverso)...immersa nel mondo dei sogni...accanita lettrice. Quando arrivava il "Vittorioso ", volevo essere sempre la prima a leggerlo, e la bibliotechina della classe l 'avevo divorata tutta!!!
Naturalmente andavo volentieri a scuola ma adoravo soprattutto la ricreazione...nei giochi di squadra ero piuttosto brava.
Uno dei momenti più belli, in seconda elementare, è stato quel giorno che è arrivato il direttore didattico. La maestra ci aveva istruito per bene per fare bella figura . Alla fine, è andata così bene, che la maestra, contenta e soddisfatta, estrasse dalla borsa una scatola che a me sembrò in quel momento, il forziere del tesoro dei pirati...anzi meglio. Conteneva niente popo'di meno che...caramelline a forma di numeri tutte colorate, altro che extasis! Maestra adorabile! Ce le distribui' a manciate con nostra somma goduria!!! (Paola)
11. In prima o seconda elementare (non ricordo bene, ma non riveste importanza, visto che le classi erano unificate). C’era il compagno Silvano “Peo” (credo il cognome fosse Balbo…) alle prese con una semplice operazione aritmetica: 5+2! La maestra era la Valeria Ferruzzi, molto paziente e molto energica! Come un asino intestardito, Silvano era bloccato e non c’era modo di avere una risposta tramite il semplice ragionamento. Alla fine la maestra si è alzata furiosa, gli intima al bimbo Sivano di alzarsi in piedi, e con una mossa fulminea lo prende per le caviglie e lo gira letteralmente sottosopra, gridandogli: “5+2???”. Miracolo: una flebile voce esordisce con un timido “7”. Metodi antichi ma efficaci! (Piero)
12. Andare a scuola non era la mia passione; mi annoiavo e pensavo sempre ad altre cose. Per rendere meno monotone le giornate andavo in cerca di emozioni. Così una volta ho ammazzato uno scarbonazzo nel bosco. Ho aspettato che una mia compagna, la Goretta Gobbo andasse al cesso, alle scuole di San Giovanni, e con un lancio preciso, le ho tirato lo scarbonazzo da sopra la porta centrandola in pieno. Inutile descrivere le urla e il terrore della bambina e le conseguenze di questa piccola prodezza... (Gigi)
13. Non ho frequentato la scuola materna (visto che ancora non era stata istituita). In prima elementare ricordo il grembiule nero, colletto bianco e relativa fiocca... Ma! La novità più bella è stata la cartella (detta sacheta) in cartone stampato "pelle di coccodrillo". Ed era solo mia! Non, come al solito, passata da mia sorella più grande. Dentro la cartella: quaderno a quadretti e penna da intingere nel calamaio. L'insegnante è stato mio padre che doveva insegnare in tre classi: due al mattino e una al pomeriggio. Mi disse subito che dovevo chiamarlo maestro e non papà. Subito mi sentii privilegiata che il mio maestro fosse mio padre. Però non fu proprio così, anzi, dovevo essere di esempio per la classe. Mi ricordo che a volte, prima di scuola, dovevo andare alla fontana del paese per lavare i pannolini dei fratelli più piccoli (io avevo sei o sette anni allora) e così succedeva che arrivassi in ritardo a scuola, così c'era il castigo, giusto per dare l'esempio alla classe. Mi piaceva imparare, stare con i compagni e giocare a palline di terracotta, anche se si rompevano facilmente...tanto perdevo quasi sempre.
(Teresa)