Le sorelle di Clelia, Aurelia, Maria, Irma, Pasquina, nacquero dal secondo matrimonio; alla nascita di Aurelia, la primogenita, Clelia aveva otto anni.
ABITAZIONI A ZOVENCEDO
Per conoscere la storia dei genitori di Clelia, vai alla pagina dei nonni e antenati. La prima casa dove Clelia nacque (8 febbraio 1921) si trovava in via Bellotti (dove attualmente viene lo zio Marsilio a passare le vacanze durante l’estate); quando la mamma Marina si risposò (Clelia aveva circa 7 anni), la famiglia si trasferì in contrada “da Silo”, nella zona più alta di Zovencedo, un posto molto bello dove Clelia, ancor oggi, talvolta sogna di tornare.
Quando Clelia ebbe 15 anni la famiglia tornò ad abitare nella prima casa alle Piane in Via Bellotti.
LE SORELLE DI CLELIA
Le sorelle di Clelia, Aurelia, Maria, Irma, Pasquina, nacquero dal secondo matrimonio; alla nascita di Aurelia, la primogenita, Clelia aveva otto anni.
Per tirare avanti, dopo la guerra, le sorelle di Clelia (irma, Maria e Aurelia) andarono a lavorare in risaia nella zona di Vercelli. Aurelia andò per un periodo anche in Francia per la stagione delle barbabietole: faceva da mangiare agli uomini e lavava la roba da vestire. Il viaggio era in treno, si stava lontani da casa per mesi; il lavoro era duro e faticoso. Avevano un'età compresa tra i diciotto e i venti anni.
Mamma Clelia racconta che le sue sorelle si sono sempre tanto aiutate e sostenute a vicenda; non ricorda mai l'ombra di un litigio o un contrasto importante; anche nel momento più delicato delle spartizioni della terra niente ha turbato lo spirito fraterno. Le sorelle stono state una grande risorsa umana per Clelia; quando aveva tanti bambini piccoli si facevano in quattro per aiutarla in tutte le maniere possibili. I piccoli si affezionavano alle zie perchè erano buone e affettuose; una volta Clelia e Ulisse erano preoccupati perchè non riuscivano più a trovare la Maria (era una bambinetta di due anni allora); la ritrovarono dalla zia Irma, dove era scappata perchè voleva stare là sempre. Dopo alcuni mesi i genitori di Agnese dovettero imporsi con autorità per convincerla a rimanere a casa sua; ormai la bambina si sentiva più in famiglia dalla zia Irma a cui si era affezionata come ad una seconda mamma.
Anche con Marsilio, l'unico fratello, le relazioni sono state sempre di affetto e di stima; da bambini si litigava continuamente per ogni sciocchezza; per esempio Marsilio si lavava male le mani e lasciava le impronte sull'asciugamano pulito; questo mandava Clelia su tutte le furie perchè le appesantiva il lavoro del bucato.
Da grandi i sentimenti sono maturati e diventati positivi sotto ogni aspetto.
RELIGIOSITA'
Un aspetto importante della vita contadina era la religione: nessuno si permetteva di non frequentare regolarmente le funzioni religiose. Ogni giorno tutti recitavano le preghiere; mattina e sera una serie lunghissima e interminabile di preghiere (molte in latino). Solo Fiorindo non sembrava mai pregare, tanto è vero che una volta la nonna Marina gli chiese: "ma vù non disì mai le orasion?" ("ma voi non dite mai le preghiere?"); "sì che le digo!", rispondeva lui; "ma se non ve vedo mai pregare", diceva la nonna, "mi ghin digo poche ma bone!", concludeva seccamente Fiorindo.
FESTE E SAGRE
Una delle feste famigliari più belle era la "sena del mascio"; di solito si teneva alla fine di dicembre (l'ultimo dell'anno); c'è tutta una letteratura che parla di come i contadini considerassero importante il mascio per la loro vita; del mascio non si buttava via niente. Tutto veniva utilizzato, dalla punta delle orecchie alla punta delle unghie. La cena del mascio era un momento di collaborazione tra più famiglie che si trovavano insieme per "far sù" il mascio (cioè confezionare salami, soprese, bresole, ecc.); si lavorava tutto il giorno e poi alla sera ci si trovava tutti per una grande cena in cui finalmente si placavano per un pò le fami ataviche sopite per tutto l'anno.
Le sene del mascio coinvolgevano i clan familiari; le sagre invece erano uno dei momenti più importanti per la vita del paese; si potevano conoscere i "tusi" o le "tose" che un giorno sarebbero diventati i futuri mariti o le future "mogli".
La sagra consisteva in una serie di messe votive (il famoso "triduo") e, la domenica, nelle funzioni solenni del pomeriggio. Fuori dalla chiesa ci si trovava tusi e tose per chiacchierare e conoscersi. Non c'erano balli o musica, solo qualche banchetto di "sagre" (dolci) e cianfrusaglie. Solo nella sagra di Brendola c'era qualche giostra. Bisognava rientrare a casa, tassativamente, prima che scendesse il sole. Il ballo era proibito perchè considerato fonte di tentazioni demoniache. Tuttavia, al tempo del fascismo, si ballava alla "Casa del fascio" nel periodo di carnevale; L'orchestra si identificava con Toni Capelan che suonava la fisarmonica. Clelia aveva 15 anni allora e qualche volta aveva il permesso di andarci; non stava via da casa mai più di un'ora. Una sua amica aveva dei genitori più restrittivi e non poteva neanche metter piede nella "sala da ballo". Del resto, quando la cosa venne alle orecchie del prete, questi tuonò e inveì contro coloro che andavano a ballare; al momento della comunione, anzi, saltava le fanciulle che si erano macchiate di tale orrendo peccato.
Anche nelle serate d'estate Toni Capelan suonava sull'aia dei "Nanei"; c'era persino gente da Barbarano che veniva su per ballare; allora si che era una festa!
GIOCHI TRADIZIONALI
Manco a dirlo, non esistevano i giocattoli; d’inverno, in stalla, con i “canoti” (cioè gli stocchi) del sorgo, si potevano intagliare dei cavallini, delle bambole o altri giochi.
Clelia ricorda volentieri i giochi che faceva da bambina; per esempio saltare la corda, gioco che faceva spesso quando usciva per pascolare le pecore; giocare a carte, soprattutto a tresette; oppure a “sassetti”, un gioco con cinque sassolini ben rotondi, bisognava con la stessa mano gettare in aria un sassolino e contemporaneamente riuscire ad afferrare quelli che restavano a terra al volo. Immancabile era il gioco del nascondino che si faceva con tutti i bambini della contrada.
Non c’erano giocattoli, ma nessuno conosceva la noia perché c’erano tanti bambini; ogni famiglia aveva come minimo cinque o sei bambini e si passava tanto tempo assieme a giocare.
La grande passione di Clelia bambina era confezionare vestitini per le bambole; ne faceva per sé e per la amiche e da grande sognava di fare la sarta. Una volta Clelia trovò una bambola rotta che la sua amica aveva gettato via, la aggiustò e le mise addosso dei bei vestitini che lei stessa aveva confezionato; quando la sua amica vide la bambola così bella pretese che Clelia gliela restituisse, Clelia non oppose resistenza ma ci restò molto male.
Clelia non ricorda che le sia mai stato regalato un solo giocattolo in tutta la sua vita di bambina; mai nessuno in famiglia aveva mai ricevuto un giocattolo dai grandi, non si usava fare regali.
LA SCUOLA
A Clelia piaceva tanto andare a scuola; il giorno più bello è stato quando le hanno annunciato che avevano istituito la quarta elementare (fino ad allora si andava a scuola solo fino alla terza). Il suo sogno sarebbe stato di continuare gli studi perchè le piaceva imparare, ma questo, in una famiglia contadina di Zovencedo, per una femmina era semplicemente impensabile. Eppure uno zio di Clelia aveva ventilato l'idea di farla studiare con i soldi ricavati dalla sua parte di terra; ma Zovencedo era un posto proprio tagliato fuori dal mondo, e poi, venduta la terra, i soldi sarebbero finiti subito; e poi, se non c'è la terra da lavorare con che cosa si campa?
PRIMI AMORI
Come capita a tutti, i primi sentimenti sbocciano a scuola fin da piccoli; Clelia racconta di un bambino bellissimo che tutte le bambine (quindi anche lei) sognavano. Quando si faceva il girotondo tutte cercavano di attaccarsi con la manina al bambino bello che tante simpatie attirava su di sè. Nasceva anche il sentimento della gelosia perchè lui, ovviamente faceva delle preferenze e sceglieva le bambine che gli piacevano di più.
Poi il tempo passò e le "simpatie" cambiarono; Clelia confessa che non ci fu mai un'epoca in cui non fosse "innamorata" di qualcuno; questo, dice, era una cosa normale anche per le mie amiche con cui mi confidavo: ad ogni epoca i suoi amori.
Più tardi, nelle ultime classi di scuola elementare, Clelia ebbe un'altra forte simpatia per un ragazzo un pò più vecchio di lei; quando lo incontrava per strada diventava tutta rossa ed abbassava gli occhi guardando dall'altra parte della strada.
Fino a 14 anni Clelia abitò nella contrà "da Silo" (la località più alta di Zovencedo); qui s'innamorò di Nesto Silo che abitava lì vicino. Nesto aveva sei anni più di Clelia e, naturalmente, andava a trovare le tose della sua età; non prendeva in considerazione una dodicenne. Quando Nesto partì per fare il militare mandò una cartolina a Clelia; lei gli rispose con una lettera in cui confessava il suo amore.
Il tempo passò, Nesto tornò dal servizio militare; ora Clelia aveva 15 anni e ormai le fiamme per Nesto si erano spente. Tuttavia Nesto, che era un buon ragazzo dalle intenzioni serie, per un pò di tempo cercò di corteggiare e iniziare una relazione con Clelia. Ormai altri corteggiatori si facevano avanti.
A Grancona, ad una sagra, aveva conosciuto un certo Antonio che aveva tre anni più di lei; le era simpatico e pareva anche bello; venne a trovarla due o tre volte e lei s'innamorò seriamente. Le sorelle di Antonio obiettarono che la strada da Grancona a Zovencedo era lunga e disagevole da fare in bicicletta; insistettero, finchè lo convinsero a cercarsi una morosa più "comoda" ("moglie e buoi dei paesi tuoi"!) Quando Antonio non si fece più vedere, Clelia ne soffrì tremendamente. Aveva 16 anni, e intanto stava per iniziare l'altra e ultima storia, quella con Ulisse. Clelia alla fine scelse, non senza esitazione, quello che poi diventerà il suo futuro marito (cioè Ulisse).
Dell'incontro con Ulisse ne abbiamo già parlato nel capitolo precedente ; alla famosa "lettera - dichiarazione" Clelia non rispose mai. Fu Ulisse a farsi avanti per primo. In seguito, visto che le sorelle Maria e Irma erano alunne di Ulisse, lui inviava dei messaggi a Clelia infilando dei biglietti nella copertina del libro di lettura. Quasi ogni giorno Ulisse mandava un messaggio (altro che la posta elettronica!). Ma Clelia lo ignorava e non rispondeva mai. Finalmente Clelia cominciò ad accettare qualche appuntamento; naturalmente gli incontri avvenivano a casa di Clelia e sotto la rigorosa presenza dei genitori; inconcepibile gli incontri riservati a quattr'occhi.
Clelia rimaneva comunque titubante; Ulisse insisteva, continuava a volerla vedere, aveva una bella conversazione brillante e spiritosa, faceva spesso regali (anche costosi). Ad un certo punto Clelia non sapeva più come tirarsi indietro: era un disegno di Dio che questo matrimonio si doveva fare.
Dopo due anni di assedio finalmente Clelia, dopo molti ripensamenti e incertezze, accettò di sposare Ulisse, anche perchè lui l'aveva messa alle strette, "prendere o lasciare": Si sposarono il 21 gennaio 1939 quando Clelia non aveva ancora compiuto 18 anni (li avrebbe compiuti in febbraio) mentre lui ne aveva 33. Ulisse non aveva ancora il posto fisso, era supplente annuale, quindi anche per lui, l'idea di metter su famiglia, era un pò rischiosa, ma il coraggio non gli mancava!